In questi giorni al cinema il film di Roberto Andò “le confessioni” . Al summit del fondo monetario internazionale vengono invitati tre personaggi estranei al mondo finanziario “per risultare più umani”: una scrittrice di libri per bambini, un musicista e un monaco certosino. Si scopre poi che quest’ultimo – interpretato da Tony Servillo – viene in realtà “richiesto” dal presidente del fondo monetario (Daniel Auteil) che con lui si vuole confessare. Lo sviluppo successivo della storia mette in crisi l’intero andamento del summit in cui si stava per prendere una decisione “necessaria ” per salvare equilibri finanziari a scapito di considerazioni etiche.
Il monaco viene pensato come custode pericoloso di un segreto che può far tremare il sistema, ma nel suo silenzio (previsto nella sua regola, ma anche “scelto”) ognuno dei finanzieri proietta le sue paure o fantasie persecutorie.
Di fronte alla mancanza di risposte alcuni personaggi nel tentativo di sapere finiscono per fare la loro personale confessione.
Il vuoto e lo sguardo del monaco sono uno specchio implacabile per alcuni ma anche un abbraccio senza pretese per altri (come per la scrittrice “instabile e solitaria”).
Alla riflessione sul sistema dell’oligarchia finanziaria che domina il mondo in questi anni e manovra come fantocci gli stessi capi politici, si aggiunge uno sguardo attento sulla labilità delle relazioni di fronte al potere e al denaro ma anche di fronte al silenzio, al vuoto e alla morte.
Le dimensioni della libertà e della verità si ergono piano piano, nello snodarsi della vicenda, come fari puntati su ognuno dei “grandi” riuniti nel summit.
La loro grandezza si riduce e la fisicità – decadente e imperfetta – rivela pieghe di insicurezza nelle saune o nelle piscine del grande hotel.
Un altro “custode” silenzioso della “verità” – come contrappunto al monaco – è il vecchio padrone dell’hotel, malato di alzheimer. Ha dimenticato i codici di accesso dei suoi conti bancari e adesso sorride sornione ed osserva.
Il pericolo per i grandi della finanza è proprio quello di svelare – oltre che nascoste e spregiudicate intenzioni – anche le formule “magiche”, i codici di accesso a segreti conti bancari e a segreti sistemi.
I personaggi più “deboli” apparentemente all’inizio sono i meno inclini ai compromessi e più disponibili alla verità. Anche un cane cambierà padrone quando i rapporti di forza saranno capovolti: ciò che muove i fili del mondo è estremamente instabile e basta una paura, una notizia, un umore a generare catastrofi.
Il film propone una riflessione forte sulla natura delle relazioni nel tempo dell’economia finanziaria del post capitalismo e mostra come queste cose (denaro e relazioni) siano strettamente interconnesse: è possibile avere libertà e verità dentro queste logiche?
La natura, il canto degli uccelli e le reazioni di un cane sprigionano un diverso criterio di misura che sovverte i sistemi e riporta l’uomo alla semplicità dell’essere nel mondo. Una tale posizione è resa possibile dal silenzio, dalla mancanza di risposte, da logiche che sfuggono al controllo e sfuggono anche all’apparente logica di un bene temporaneo: quello di scoprire subito una verità. Sarà solo l’attesa, il silenzio, la non risposta e il vuoto che condurrà alle giuste domande ed alle giuste incertezze . Come in una stanza di analisi, le confessioni e i silenzi, le non risposte e i capovolgimenti di senso offrono nuove prospettive.
Il silenzio è davvero una posizione rivoluzionaria oggi? Sicuramente è una porta aperta, una provocazione, una profonda ricerca di significato.