La definiscono l’epoca delle generazioni senza padri, su cui Massimo Recalcati ha scritto molto, intendendo con essa l’assenza delle norme in casa, e la mancanza un chiaro regolamento del vivere sociale non si sa bene se come causa o conseguenza. Chiaramente non è una questione legata unicamente alla figura del padre ma all’autorità, in generale, che gli adulti stanno sempre più perdendo agli occhi dei bambini, e non solo.
Non volendo andare sull’aspetto sociologico e sulle derive della società pubblica, su cui tanto si soffermano personaggi di spicco, occorre una riflessione sul privato, sul quotidiano delle famiglie comuni.
Sbiadita e dispersa appare in tanti casi la voglia di “porre” ancora, seppure con amorevolezza e attenzione, confini e regolamenti utili ad orientarsi nelle varie fasi della vita nel mondo reale. Perchè regolare vuol dire anche e soprattutto dare attenzione e ponderare le azioni proprie, il che di diventa anche un modello per chi ci guarda e ascolta. I bambini assorbono molto più di quanto noi stessi percepiamo di stare trasmettendo. (Proprio a tale proposito il primo dei video sottostanti mostra emblematicamente quanto l’imitazione faccia molto di più di quanto non facciano le parole e il ragionamento, che a certe età sono ancora funzioni in divenire).
I cosidetti no che aiutano a crescere (su cui Asha Phillips scrisse nel 1999 un libro divulgativo molto interessante), la frustrazione necessaria a vivere nel mondo senza la sensazione di onnipotenza che copre un vuoto interiore incolmabile talvolta, sembra siano scomparsi in molte famiglie, proprio laddove invece erano capaci di generare evoluzioni positive e benefiche.
Talvolta spiegare le motivazioni, ma con parole comprensibili all’età del bambino, è utile a fargli comprendere perchè va fatto ciò che chiedono gli adulti. Determinazione e fermezza, altresì, sono due aspetti fondamentali per comunicare la necessità di fare come consiglia l’adulto anche quando i bambini fanno i capricci. Non si tratta di frustrare ogni richiesta, di negare ogni piacere, ma di bilanciare e insegnare affinchè le nuove generazioni crescano guidate e non prive di riferimenti.
Frustrare non vuole dire negare in modo assoluto, significa insegnare che esiste un tempo, un luogo, che c’è un contesto a cui riferirsi quando nasce un desiderio. Il che non nega ma aiuta a tenere presente una realtà che esiste e che permette di prendere utili informazioni quando dal desiderio si vuole passare alla pratica. A tal proposito, come spunto di riflessione, si consiglia la visione di un altro video, questa volta di un famoso test (denominato Marshmallow test). Nella versione originaria di Walter Mischel questo test venne effettuato su bambini che poi vennero intervistati a distanza di anni e ciò permise di trovare importanti correlazioni tra i bambini disposti a tollerare la frustrazione di non aver subito ciò che volevano e gli adulti che nella vita avevano ottenuto una carriera soddisfacente, una famiglia stabile, una qualità di vita che definivano positiva.